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La lentezza (M. Kundera)

La quarta di copertina di questo bellissimo e a tratti divertente romanzo parla dell’intrecciarsi di due storie di seduzione lontane nel tempo tra loro. Ma queste storie, accomunate anche da una stessa notte in uno stesso luogo, sono soltanto l’espediente narrativo che permette all’autore di esporre le proprie considerazioni su argomenti di estremo spessore.

Tematica affrontata in maniera quasi indiretta e che pervade tutto il romanzo come una sorta di rivolo sotterraneo, la lentezza è per il narratore la lentezza del pensiero che si perde in mille altri, per associazione o dissociazione, che non ha fretta di giungere a una conclusione. Ma se per qualcuno è un dolce perdersi, per altri è un vero e proprio tormento.

Kundera mette a confronto un lento e languido passato con la velocità dell’era moderna, finalizzata all’ottenimento dell’oblio.

[…] la nostra epoca è ossessionata dal desiderio di dimenticare, ed è per realizzare tale desiderio che si abbandona al demone della velocità […] è stanca di se stessa, disgustata di se stessa […] vuole spegnere la tremula fiammella della memoria.

Andiamo di fretta perché vogliamo dimenticare, ma cosa vogliamo dimenticare?

L’autore tocca un argomento quanto mai attuale: la divulgazione del personale. Analizza le dinamiche comportamentali, gli stratagemmi e i piccoli autoinganni che mettiamo in atto per presentarci agli altri e a noi stessi. Ricorre quindi il concetto di maschera, che qui viene rappresentato tramite la figura del ballerino: siamo su un palcoscenico perpetuo, sempre intenti a danzare in un modo che non scontenti mai il nostro pubblico. Sia esso reale (la famiglia, gli amici, i colleghi), virtuale (i follower), o addirittura immaginario, tutto interiore. Recitiamo anche per noi stessi.

La lentezza, che spesso insultiamo chiamandola noia, è invisa a tutti noi perché non ci consentirebbe di dimenticare il fatto che siamo in costante esibizione; al contrario, ci costringerebbe ad affrontarlo, a spostare lo sguardo dall’azione all’interiorità, ciò che probabilmente più ci spaventa.

Perché non è del tutto vero che non siamo consapevoli di essere dei ballerini o di indossare quelle famigerate maschere. Ma quanto ci costerebbe scoprirci il volto e smettere di ballare?

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